Un servizio che non è un servizio: il Corno alle Scale su RAI 1

Sabato scorso, 19 febbraio, il programma di RAI 1 Linea Bianca ha dedicato la puntata a «L’Appennino Emiliano: da Sestola al Corno alle Scale».

Il servizio d’apertura, incentrato sul comprensorio sciistico del Corno, non si può davvero definire un servizio, perché concepito come un lungo, stucchevole spot pubblicitario, del quale salveremmo giusto le riprese, molto suggestive, di panorami e cime.

La caratteristica principale della pubblicità consiste nell’eliminare qualunque conflitto, voce critica o approfondimento. Tutto dev’essere bello, positivo, pulito e superficiale. Ogni magagna dev’essere taciuta, ogni spigolo smussato, ogni granello di polvere spazzato a forza sotto il tappeto. Esattemente quello che abbiamo visto, e che chiunque può rivedere, nei 14 minuti iniziali del programma.

Come in ogni spot che si rispetti, anche qui era presente un testimonial: Alberto Tomba, uomo dai grandi meriti sportivi, ma non altrettanto grande davanti alle talecamere, come già ampiamente dimostrato dalla sua prova d’attore nel terrificante Alex l’Ariete.

Più della metà dello spot ruota intorno a lui, ma senza che gli venga rivolta una vera e propria intervista: un paio di domande compiacenti, qualche ammicco, filmati d’epoca delle sue gare, due o tre curve su una pista del Corno tirata a lucido per l’occasione, e un’infinità di pacche sulle spalle (metaforiche) e sulle braccia (reali) per constatare quanto sia ancora muscoloso, nonostante dichiari, con insistenza, che adesso mangia e beve. «Evviva Albertone! Un mito!», grida il conduttore a ogni pie’ sospinto.

Parlando del Corno alle Scale, Tomba confessa di amare questa montagna per i paesaggi che gli offre, quando sale in vetta con le pelli di foca, e ricorda quant’erano belle le piste negli anni Novanta.

Peccato che lo spot di RAI 1 non abbia l’obiettivo di promuovere lo scialpinismo, né di glorificare il bel tempo che fu: il vero scopo di tutto, compreso il cameo di Tomba, s’intuisce alla fine, come accade in ogni pubblicità che si rispetti.

La chiusura è affidata alle parole del “grande imprenditore” Marco Palmieri. Il nome della sua azienda (Piquadro) non viene citato, come per evitare di fargli quella pubblicità che in realtà gli si sta facendo, senza ritegno e con i soldi della tivù pubblica. Non per aiutarlo a vendere borse, agende e zaini, ma per incensare il progetto al quale ha deciso di “contribuire”, quello di uno “sviluppo” del comprensorio sciistico. Un progetto del quale non si dice alcunché, né in cosa consista, né con quali prospettive, salvo promuoverlo a prescindere, brindando con calici di spumante, perché “se questo fosse fatto per tutta l’Italia, possiamo parlare davvero di una ripartenza”.

Non una parola sulla nuova seggiovia Polla-Scaffaiolo, da noi contestata per tante ragioni, né sui piani di collegamento con la Doganaccia e l’Abetone, né sul denaro pubblico che verrà sprecato per ingrandire stazioni sciistiche come questa, ormai condannate dal riscladamento globale. Infatti, se non fosse per i fondi statali e regionali, nessun imprenditore scommetterebbe un euro sullo sci in Appennino.

A Cerreto Laghi, sull’Appennino reggiano, il gestore degli impianti ha dichiarato a gennaio che i costi energetici per i cannoni sparaneve, per battere le piste e per far girare le seggiovie sono talmente alti che potrebbero costringerlo a chiudere la stagione anzitempo. Al Corno, invece, Palmieri dichiara che va tutto “particolarmente bene”, perché c’è il sole e c’è la neve. In realtà, a ben guardare le riprese esterne della trasmissione, si direbbe che la neve delle piste è tutta artificiale, mentre quella naturale non riesce a coprire nemmeno il terreno. L’inverno 2022 è stato uno dei più siccitosi degli ultimi anni, ma che l’acqua venga usata per alimentare i cannoni non sembra interessare a nessuno.

Con tutto il parlare che si fa, anche in parlamento, di transizione energetica, di cambiamento climatico e di investimenti “green”, ci saremmo aspettati dalla RAI un vero servizio pubblico, quantomeno con un bilancio dei pro e dei contro di un progetto come quello che investe il Corno alle Scale.

Invece ci siamo dovuti sorbire uno spot, cioè il contrario di un’informazione corretta.

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