Mercoledì 27 dicembre Il Resto del Carlino ha pubblicato un articolo intitolato «Seggiovia del Corno. Ambientalisti in tribunale» riportando ampissimi stralci di questo nostro post.
Il giorno seguente, sullo stesso quortidiano, è arrivata la replica da parte della società che gestisce gli impianti al Corno.
Titolo: «Corno alle Scale, le piste sono aperte». (Per la precisione, se si ha l’ardire di chiamare «piste» anche il Campo scuola e il Tappeto mobile, allora le «piste aperte» sono 3 delle 18 che compaiono sul sito del comprensorio.)
1. Il meteo, il clima e l’aflusso notevole.
Nelle prime righe, l’articolo spiega che «le piste sono fruibili solo parzialmente, a causa delle avverse condizioni meteorologiche», ma anche in questo caso bisognerebbe essere più precisi, perché la mancanza di neve, a inizio inverno, sull’Appennino settentrionale, non è (soltanto) una «condizione meteorologica», ma piuttosto un evento climatico, dovuto al riscaldamento globale, ovvero un fenomeno destinato a ripetersi e a intensificarsi, a prescindere dal fatto che domani possa nevicare oppure no. La differenza tra meteo e clima dovrebbe essere molto chiara a chi lavora con le precipitazioni nevose. A quanto pare, invece, non è così.
Subito dopo veniamo informati che «l’afflusso di utenti in questi giorni continua ad essere notevole», Ma «notevole» non vuol dire nulla. Su una pista vuota è «notevole», cioè «degna di nota», anche una sola persona che scia. Non si potrebbero allora dare dei numeri verificabili, come abbiamo fatto noi, su questo sito, con le cifre del nostro crowdfunding, rendendo conto, evento dopo evento, dell’importo delle donazioni? Perché senza numeri, si rimane alle impressioni. E l’impressione, sbirciando le webcam sul sito del comprensorio, è che sull’unica pista degna di questo nome (la Polla) non ci sia affatto un’affluenza importante. Del resto, nonostante lo sconto, 25 euro di skipass per sciare su una lingua di neve artificiale in mezzo ai prati devono sembrare troppi a troppa gente.
Al capoverso successivo apprendiamo che «La società di gestione» degli impianti al Corno è «formata per lo più da imprenditori della zona che hanno come unico obiettivo quello di tenere vivo il territorio attraverso il turismo». Siamo quindi al cospetto di imprenditori-benefattori? Costoro non hanno come obiettivo quello di far quadrare i bilanci? Di non gravare sulle casse pubbliche chiedendo ristori per mancati guadagni e spese energetiche? Se fosse vero, sarebbe una pessima notizia.
2. Piste aperte, piste chiuse.
E arriviamo così alla presunta correzione di alcune nostre «argomentazioni non esatte» (che poi non sono affatto «argomentazioni» ma date del calendario. Vabbe’.)
La società precisa che «gli impianti sono stati aperti dall’8 dicembre fino al 17 dicembre» mentre noi – linkando il loro sito – abbiamo scritto che hanno aperto l’8 dicembre ed erano già chiusi il fine settimana successivo (ovvero il 16 e 17). Il che è esattamente quel che risulta da un loro comunicato del 14 dicembre dove si dice che gli impianti saranno chiusi in quel fine settimana, ovvero quello dopo l’8, ovvero il 16 e 17 dicembre. Se poi il sito del comprensorio dà informazioni sbagliate sui giorni di apertura, ci immaginiamo che afflusso notevole di clienti potrà mai avere la stazione del Corno alle Scale.
Abbiamo poi scritto che le tre piste striminzite e artificiali del Corno sarebbero state aperte dal 23 al 27 dicembre, mentre la società ci corregge dicendo che il 23 è partita “la stagione vera e propria” (che a giudicare dagli annunci roboanti sembrava partita l’8) e che ora le piste continueranno ad essere aperte e forse ne verranno aperte anche altre. Noi lo speriamo bene, perché a dispetto di quanto si può credere, non godiamo in alcun modo nel vedere gli effetti del riscaldamento globale, e nemmeno godiamo nel vedere un’impresa, con dei lavoratori, che arranca senza prospettive. Tuttavia, ci teniamo a precisare che l’apertura dal 23 al 27, ancora una volta, era stata annunciata sul sito del comprensorio (ora il post è stato modificato, ma noi abbiamo conservato uno screenshot della vecchia versione).
Tralasciamo i passaggi più esplicitamente comici sul «buon riscontro di presenze che hanno riempito le piste e gli alberghi», tanto che si va verso il «tutto esaurito» per la fine dell’anno, «grazie alle piste aperte» (sarebbe meglio dire: «nonostante le piste siano quasi tutte chiuse». E poi, di nuovo, a quanto ammonta questo «tutto esaurito»? Perché un conto è riempire San Siro per un concerto, un altro fare sold out nel teatrino della parrocchia.)
3. Le alternative.
Veniamo invece a un punto che ci sta molto a cuore: la società di gestione accusa il nostro comitato di avere un nome incongruo, perché non abbiamo «indicato quale sia la via alternativa da seguire».
Già, ma «alternativa» a che cosa? Non viene precisato.
Perché se l’alternativa che dovremmo indicare è rispetto alla nuova seggiovia Polla – Scaffaiolo, allora quell’alternativa è l’opzione zero. Non costruirla. Perché tale seggiovia costituisce un’aggressione inutile e senza senso a un ambiente prezioso. Se qualcuno cerca di aggredirvi, voi gli date un’alternativa? Gli dite: «Ok, dammi un ceffone. Ma ti prego, sii gentile»? Vi sentite in dovere di «proporre»? O semplicemente cercate in tutti i modi di fermarlo, di denunciarlo, di metterlo in condizione di non nuocere ancora?
Se invece l’alternativa che dovremmo proporre è quella allo sci, anche in questo caso si rischia di andare fuori pista, perché non abbiamo mai sostenuto che gli impianti del Corno devono essere smantellati dall’oggi al domani.
Abbiamo invece presentato ben DUE documenti con proposte scritte, tangibili e criticabili, per un turismo differente, e non lo abbiamo fatto ieri, bensì nell’autunno del 2020. In entrambi i casi si tratta di testi che sono stati mandati a sindaci, imprenditori, assessori regionali, giornalisti. Testi che sono nella sezione “Documenti” di questo sito fin dalla sua creazione.
Uno è il frutto di una ricerca finanziata dal CAI e svolta dal Centro di Studi Avanzati sul Turismo dell’Università di Bologna, dalla quale emerge che l’investimento più promettente in termini economici e occupazionali nel settore del turismo sul Corno alle Scale è quello che non ingrandisce il comprensorio con nuovi impianti, ma efficienta e cura quelli già esistenti, e differenzia l’offerta per renderla sempre meno dipendente dallo sport invernale. Il documento, come detto, è criticiabile, perché entra nel merito e fornisce gli strumenti per essere criticato, a differenza di chi ripete, come un sortilegio, che Lizzano non può fare a meno dello sci, dipende dallo sci, è tutt’uno con lo sci. Un disco rotto che rinuncia a fornire ragioni e argomenti, sperando che a forza di dirlo suoni ancora vero. Un discorso ogni giorno più decrepito.
Il secondo documento si intitola – guarda un po’ – «Valutazioni e proposte» e dopo un’analisi della situazione – che oggi sarebbe da aggiornare in alcuni punti – passa a suggerire 10 azioni per rendere il territorio di Lizzano meno dipendente dallo sci (e quindi dal cambiamento climatico, che avanza inesorabile, ci piaccia o no, a dispetto di chi finge che sia solo un complotto o una «condizione meteorologica avversa»)
4. Un disco rotto che tira dritto
Dalla nostra controparte, invece, cosa arriva? Silenzio, orecchie tappate, stereotipi sugli ambientalisti che non propongono, che sanno solo dire no. Toni trionfalistici appena scende un fiocco di neve: “Visto? Altro che inverno liquido!». Spremono il tubetto finché c’è rimasto qualcosa e ogni tanto buttano lì una frase come «la nuova struttura di risalita […] consentirebbe anche alle persone disabili di raggiungere il Lago Scaffaiolo». Un’affermazione che suonerebbe ridicola, se non fosse che strumentalizza tutta una categoria di persone. Le quali, per altro, non permettendo a nessuno di parlare al posto loro, hanno scritto – tramite le loro associazioni – una lettera aperta per affossare l’idea della nuova seggiovia Polla – Scaffaiolo. E’ chiaro infatti che non ha senso devastare un luogo meraviglioso per portare più gente a vedere… quant’era meraviglioso e quanto non lo è più. Sarebbe come mettere un ascensore esterno fuori dalla torre Asinelli, così anche gli anziani possono arrivare in cima.
Ma anche su questo: silenzio. Come se la lettera non fosse mai partita. L’imperativo è fare finta di niente, tirare dritto, trasudare ottimismo, nascondere lo sporco sotto il tappeto.
Come i pompeiani sotto al Vesuvio, nel 79 dopo Cristo.